Il nome di Dio – Parte 2: approfondimenti teologici | Come Capire
Il nome di Dio - 2

Dio


Il nome di Dio - 2

Il nome di Dio - 2 Parte seconda

Di: Simos

Data: 2025/05/24

Vangelo Secondo Giovanni 1:1-5

[1] In principio era il Verbo

Qui afferma che in principio era lo spirito creatore, colui che crea è la parola ed essa è la creatrice di tutte le cose. Essa è uno strumento creatore, anzi Essa è Dio, come testifica nel seguito del versetto.

I testi sacri infatti sono una collezione di parole di cui i Verbi sono l'azione, ovvero l'elemento creatore di ogni cosa.

Le prime tre parole del testo ebraico della Genesi traslitterate foneticamente sono "Bereshit Barà Elohim", che si legge "Il divenire creò gli Dei", quindi prima degli Dei vi era la creazione stessa degli spiriti creatori, ovvero un attuatore ovvero il Divenire.

Esso è uno dei significati del nome del Signore e per associazione Esso è il Signore.

Quindi il Verbo attua la creazione tramite il divenire ed è questo lo strumento con cui il Creatore opera la Creazione stessa.

Essa viene prima di ogni cosa esistente ed il principio ne è parte inscindibile, pur essendo operante in ogni istante in maniera costante ed eterna.

La parola e con essa la capacità di comunicare, sono il mezzo tramite il quale si trasmette uno stato e si indica un azione da compiere.

e il Verbo era Dio

Il mezzo, la capacità, il potere di attuarlo, la conoscenza e tramite essa il modo sono Dio, ma il Verbo, ovvero il mezzo e la conoscenza sono anche parte del divenire stesso, sebbene distinti ed operanti in maniera autonoma ma pure concordi, operanti in sincrono.

Elohim sappiamo che è un nome scritto al plurale ed in quanto il nome ne identifica l'entità si legge gli Dei.

Ogni lettera ebraica ha un significato simbolico che trasforma ciò che non si intende tramite la sua vocalizzazione, in qualcosa di comprensibile tramite associazione simbolica al significato esteso, ovvero alle sue caratteristiche e divengono gli elementi intrinsechi per stimolare l'attuazione della conoscenza specifica della Sua stessa natura.

Lo spirito è l'insieme di tutti i Suoi significati, applicati alla realtà interiore ed esteriore di ogni cosa esistente.

Questi significati formano ogni cosa, in quanto trasmettendo uno stato ed un azione da compiere, una volta attuata l'azione essa diviene una condizione.

Quindi Elohim è sia creatura che creatore, sia il mezzo stesso che Colui che lo utilizza, sia conoscitore che conosciuto dal mezzo che dal creatore come altresì ne è parte e che intrinseco in Esso.

Quindi Egli ha compreso il Verbo è un mezzo adeguato ed in quanto Egli è intimamente consapevole del potere creatore del Verbo, in quanto Egli è il Verbo.

[2] Egli era in principio presso Dio

Qui spiega meglio il concetto sopra esposto secondo cui lo spirito infine diviene una condizione.

Non era infatti il divenire a creare Dio?

Uno dei significati del nome del Signore non è forse divenire?

Allora come mai ora Dio fa si che tramite il suo spirito qualcosa divenga.

Ovvero come può Egli stesso essere il creatore dello spirito del Signore da cui è creato? Quindi invertendo la sequenza che abbiamo visto sopra, ovvero il passaggio dal disegno al compimento, e quindi sia la capacità di attuarne un inizio che una fine di questa trasformazione duale, era "presso" Elohim, ovvero vuol dire che in Lui, nelle Sue intenzioni e nella Sua capacità, nel Suo Spirito vi è pure lo Spirito del Signore.

Come è vero anche il fatto che il Signore dà vita a Dio, per cui la condizione finale diviene Spirito tale per cui anche la condizione iniziale è lo Spirito stesso.

Il disegno, ovvero ogni cosa da lui creata per mezzo del Verbo è il figlio di cui Egli è padre, ma al tempo stesso sia il Padre che il figlio sono assimilati in un unica cosa sebbene distinti e operanti in maniera autonoma ed al tempo stesso comune.

[3] tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

Quindi qui conferma il fatto che tramite la Parola e tramite chi la possiede e e l'ha donata, è stato fatto tutto.

Ma direte cos'è questo tutto di cui parla?

La civiltà umana, secondo i dati in possesso dagli studiosi odierni, ha trascorso circa 2 milioni e 500 mila anni nel periodo Paleolitico, chiamato l'età della pietra, ove gli strumenti più avanzati di cui disponeva erano fatti di pietra, osso e legno.

Ciò che sappiamo è che nell'ultima parte di questo periodo sono state create alcune pitture rupestri.

Vi sono reperti che testimoniano che molto tempo dopo, circa nel 3500 a.c., l'uomo ha iniziato a creare segni grafici, fino alla scrittura fonetica circa nel 2600 a.c. quindi in tempi recentissimi rispetto al periodo precedente.

All'incirca in questo breve periodo di tempo prima di quella che indichiamo come data della venuta di Cristo, alcune società hanno sviluppato evoluzioni straordinarie, vedi l'antico Egitto o la Mesopotamia ed altri esempi virtuosi.

Quindi i testi sacri attestano che tutto ciò è stato reso possibile o creato dalla parola, o meglio sia dall'acquisto della capacità di parlare, che dall'invenzione di verbi, di aggettivi e delle regole grammaticali, il che non è scontato che sia stato nelle capacità del genere umano in epoche precedenti.

Quindi si comprende che qui viene affermato che dal momento in cui sono stati scritti i testi sacri ha avuto inizio la civiltà.

Ovvero grazie alla capacità creatrice della parola o in accezione generale di una comunicazione comprensibile da ampi gruppi di persone, strutturata in maniera stato-azione e quindi tramite una definizione formale, coerente ed ordinata del linguaggio ed mil perenne stimolo a comprenderne i concetti e la profonda sapienza.

Senza un fine, ovvero senza uno scopo, senza un progetto, senza un aspirazione, senza un disegno, senza la passione, senza la procreazione, senza la formazione, senza la volontà di formare un idea o un pensiero, o la fiducia, infine senza il frutto di ciò che è stato creato tramite la sapienza che viene dal Signore, ovvero senza un giudizio, non si fa niente.

Quindi come ognuno che vuol essere padre di qualcosa ha un'idea, Egli sa per certo che essa si forma man mano, partendo da una base ideale di ciò che si aspetta e la sua creazione è il frutto o se vogliamo qualcosa a cui egli da una forma man mano tramite il divenire, sia di se stesso che dell'opera.

[4] In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;

Al capitolo 3 della Genesi vi è la storia della cacciata dell'uomo e della donna dal giardino dell'Eden dove erano stati posti da Dio.

Nel versetto 22 scrive che dopo aver mangiato dell'albero l'uomo viene a conoscenza del "bene e del male" e per questo diventa "simile" al Signore Dio.

Ora viene a conoscenza solo del bene e del male e non di tutte le altre cose che provengono dal Signore Dio. Il Signore Dio ordina pure che gli sia vietato stendere la mano verso l'albero della Vita.

ebraico: חַוָּהChawwāh e significa "vivente" o "colei che dà la vita".

Adamo chiama Eva la moglie al versetto 20 e afferma che Essa fu la madre di "tutti" i viventi.

Quindi nel momento in cui si comprende la differenza tra il bene ed il male si viene scacciati da questo giardino dell'Eden, che in ebraico significa "piacere", "gioia" ed "abbondanza".

albero di vita è presente anche altrove, in particolare nel libro dei proverbi, ove scrive:

Proverbi 3

[18] Essa [la Sapienza] è un albero di vita per chi l'afferra, e chi la possiede è beato.

Proverbi 11

[30] Il frutto del giusto è un albero di vita, e chi conquista persone è saggio.

Proverbi 13

[12] La speranza che tarda a venire fa languire il cuore, ma il desiderio avverato è un albero di vita.

Proverbi 15

[4] Una lingua pacata è un albero di vita, ma la lingua perversa deprime lo spirito.

Quindi "Eva", volendo dire "Vita" o "Colei che da la Vita", si accomuna a questo versetto in cui dice chiaramente che in Lui vi era la Vita, quindi ciò che è il desiderio di trovare e comprendere quella luce, cosa che porta ogni uomo ad una consapevolezza maggiore e ulteriormente filtrata, avendo in dote solo due stati, il bene ed il male, senza ulteriori filtri, in quanto la via all'albero della vita e con la capacità di fruire di tale privilegio, viene preclusa poco dopo.

Afferma infatti che la vita è la luce per gli uomini. Ma cos'è la luce se non un segno, una caratteristica, una peculiarità, una cosa che attira l'attenzione, una cosa evidente, che ognuno riconosce immediatamente?

Quindi gli uomini vedono nella donna una cosa interessante, curiosa da osservare, una particolarità inconfondibile, talvolta come una luce accecante e tantissime volte questo confrontarsi con tali cose, per molti causa rovinose cadute.

La sapienza, essendo la madre di ogni cosa dona vita al figlio ed il figlio dello spirito creatore e della sapienza ha in se stesso la vita stessa e la capacità di darla seguito, per donare la sapienza da lui ricevuta in dote dando luce alla nostra ignoranza e un senso alla nostra vita tramite la comprensione della vita stessa che da Lui proviene.

[5] la luce splende nelle tenebre

ma le tenebre non l'hanno accolta.

Qui dice che Dio ha creato in noi, in tutti noi, una luce. In alcuni è un opaco lume, in altri una fiamma ardente attorniata dalle tenebre dell'ignoranza insita in ognuno.

Tanti questa luce non vogliono vederla e per questo perseguitano chiunque la possieda o non accogliendola.

La verità può dar serio imbarazzo a coloro che amano le tenebre, in quanto la loro è una perpetua lotta nello smentirsi e nell'annullarsi per far prevalere la propria giustizia ed il proprio diritto.

Se in Lui vi è la conoscenza perfetta, come può non esservi in lui un acerrima lotta nel far prevalere il bene piuttosto che il male mentre essa si forma, e una volta formata ve ne è la conoscenza, l'esperienza, la consapevolezza e la spiegazione. Quindi la verità e la giustizia devono prevalere sulla menzogna e sull'ignoranza. Prima sulla propria, quindi donarla a tutti,

Difatti la più grande sfida che ognuno deve affrontare, è il cercare di comprendere i termini esatti di tali cose e riuscire a tenervi fede.

Quindi possiamo pure affermare, che la conoscenza del bene e del male sono la conoscenza di come giudicare, ovvero riducendo al minimo essenziale le metafore dei testamenti, se in principio era il Verbo, ovvero quella particella della parola che ci ha donato la forza del comando, in Lui vi è l'aggettivo, ovvero ciò che giudica, dando forza alla definizione di tutte le cose tramite il discernimento, aprendo la porta alla vita in quanto esso stesso è Vita.

Difatti un giudizio, preclude o ci mostra le cose, facendole percepire per ciò che realmente sono e rappresentano, donando quindi luce alla nostra comprensione.

La luce offende e scandalizza le tenebre ed è vero anche il contrario in quanto, anche le tenebre possono portare la loro propria luce in quanto anche in esse vi è la luce. Ma la luce filtrata dalle tenebre porta ad una corruzione del giudizio.

Se invece la luce esce senza il filtro delle tenebre, è vera luce ed il giudizio è giusto perché santificato dalla verità.

Ma è estremamente più difficoltoso far prevalere la verità rispetto alle tenebre, in quanto nelle tenebre, essendo tali, non vi è confronto con alcuno.

Quindi per il fatto che tanti si affannano a combattere per far valere la propria ragione, è anche vero che se uno è nella luce ed uno è nelle tenebre, colui che è nelle tenebre riesce ad individuare con maggiore precisione i punti dove poter colpire l'avversario per annullarlo e quindi far prevalere l'ingiustizia.

Il divenire è perenne novità ed essa non è tollerata dall'ignoranza che preferisce il quieto vivere, in quanto tante volte la verità, se non perfetta, non è compresa neppure da chi la pratica, in quanto non avendone la parvenza, è negata.

Quindi la lotta per prevalere è agevolata in gran misura dalla potentissima arma dell'inganno.

Esso tramite le tenebre conferma le menzogne comuni, usando il proprio egoistico diritto a proprio esclusivo beneficio.

Così ogni colpa che possa rivelarsi nociva alla propria ingiustizia viene coperta e tollerata, nonostante sia scontata e palese l'ingiustizie che deriva dall'approvare la menzogna.

Ciò annulla ogni luce che possa prevalere, in quanto annullando una particella della verità la si fa crollare in quanto se non perfetta risulta ingiusta.

Quindi la verità è sorretta dalla giustizia, quindi un giusto giudizio, fatto considerando sia il bene che il male, separandoli dandone una definizione corretta, annulla le tenebre, mettendo un confine e confermando la verità essendo esso verità.

Ma è anche vero che anche le tenebre, quando sono prive dei vizi egoistici di cui sono di solito permeate, servono a preservare la luce che vi è al loro interno ed è qui che prevale incontrastata la luce.