
La Creazione
Il Divenire
Il Divenire
Data: 2025/01/13
Jan 13, 2025
Le prime tre parole di Genesi 1:1
1. Bereshit Barà Elohim --> Ebraico
2. In principio Dio creò --> Italiano
3. Il principio creò Dio
4. Il divenire creò i Potenti
La prima riga è la traslitterazione in caratteri latini dall'ebraico, mentre la seconda è la traduzione corrente in italiano.
Nella terza riga indico la traduzione lineare del passo delle parole del testo originale che vedete nella prima riga, mentre la quarta riga, oltre che lineare, ne applica anche l'interpretazione che, sebbene incompleta dei dovuti commenti, con questa chiave di lettura ci permette di capire il grande mistero che avvolge da qualche millennio questo libro ed in generale il concetto di chi sia Dio e di come interpretare le scritture.
Questo toglie anche il velo dalle assurde congetture che si sono costruite per via dell'incapacità di intendere il profondissimo significato che si estrapola da un interpretazione dei testi sacri priva di ipocrisia, menzogne ed inutili pregiudizi.
Il divenire infatti è uno dei significati del tetragramma, ovvero il nome di Dio, che è un nome che si articola pure in altri significati, sia intrinseci che auto esplicativi, dove tramite essi si da una spiegazione fondante di ogni sapienza e questo si ottiene privando queste parole delle semplicistiche ipocrisie che gli sono state attribuite.
Difatti il significato delle lettere che compongono il tetragramma, è simbolicamente associato alla natura intima del divenire, a cosa lo attui e cosa gli conferisca potere, dominio e sapienza, in maniera che esso si configuri come il creatore di ogni cosa.
il Tetragramma, non è difatti in maniera esclusiva una vocalizzazione, ma come scrittura, è composta da dei simboli, ed il significato della loro grafia nasconde un grande significato che ne identifica l'essenza ovvero lo spirito.
Le parole principio e divenire racchiudono in loro l'idea del tempo, ed il Signore stesso indica che Egli E' ciò che è, ovvero uno dei significati del Suo nome è il verbo essere, che quindi è parte della Sua natura che è la sequenza delle lettere Yod, Het, Vav e Het
Come nel leggere un quadro e distinguere che in un disegno vi sono figure che possiamo associare a cose reali o anche immaginarie o intime o filosofiche, alle lettere ebraiche hanno associato un simbolismo in cui possiamo vederci un significato.
La Iod, la prima lettera, è la particella più minuscola dell'alfabeto, scritta quasi come un punto, quindi un inizio, o anche una virgola, o un accento, o un seme da cui nasce tutto il resto, il principio stesso.
La Het rappresenta il soffio e quindi gli si può associare la parola, qualcosa di protetto, racchiuso, difeso, che lascia uscire nel senso del verso della scrittura, come quando parliamo o quando ideiamo, un nostro pensiero, una nostra intuizione.
L'ebraico si scrive da destra verso sinistra, quindi è un metodo di scrittura controintuitivo e scrivendolo con inchiostro, si può pasticciare su ciò che scritto precedentemente, soprattutto se si accelera la scrittura. Da ciò deriva un concetto filosofico straordinariamente importante: che chi va di fretta di solito sbaglia e pasticcia o anche che serve riflessione, la riflessione porta a concetti che maturano col tempo e vanno valutati attentamente anche nella realtà esteriore e pratica del fare, con stile e tecnica, dove ognuna dipende dall'altra.
La Vav è detta il "piolo", ovvero una cosa che stabilisce e ferma, o che si stabilisce e si ferma essa stessa, qualcosa che interrompe e si fissa, o anche un supporto che tiene fermo ciò che è stato precedentemente realizzato.
La Het chiusa fa sempre riferimento alla parola ed a quel soffio di vita che tante volte percepiamo a malapena e rappresenta ciò che rimane dopo aver fissato cose in noi o nella realtà, se vogliamo il ricordo di ciò che abbiamo creato ed anche il suo prosieguo. Esso dopo che si è stabilito il precedente è un continuo che creerà altre cose, il divenire.
Quindi la Yod, che è la più piccola particella dell'alfabeto, il principio, diventa soffio, o parola, o se vogliamo pensiero, poi essa si fissa con la Vav che è il piolo ed infine la Het rappresenta ciò che ne deriva, il prosieguo, ciò che è il lascito della parola stessa o di questo movimento. Il divenire difatti lascia delle tracce e lascia un eredità da cui diverranno altre cose.
Bereshit deriva strettamente dalla parola Creare, che è la seconda parola, che è Barà, quindi si potrebbe anche intuire che la frase si traduca in "La creazione creò..."
interpretando letteralmente la parola Elohim troviamo che significa "i potenti" o la potenza e in questa chiave, ne leggiamo un evento creatore, che crea un'entità capace a sua volta di creare e di dominare, dando un seguito sia a se stesso, che all'intuizione, che a tutta la creazione.
Elohim è come uno strumento creato dalla creazione, uno strumento che ha vita e che diviene creatore di altra vita e da questa logica ne deriva che tutto è una conseguenza di un moto eterno che opera secondo il principio della delega, operante, padre e intrinseco di ogni cosa.
Quindi nel principio non vi è una determinazione ma ogni cosa è un prosieguo che si compie nel tempo, attraverso i tempi, permeando ogni cosa e si compie tramite gli strumenti che Egli stesso crea attuando se stessa, in ogni momento e per l’eternità.
Dati questi presupposti, si potrebbe arrivare ad affermare che i principi si rinnovano in ogni istante per l’eterno ed essi sono i genitori fertili di miriadi di altri principi.
Ciò fa intuire anche il fatto che in ogni istante vi sono pure miriadi fini e quindi il susseguirsi dei cicli della vita e della morte, pare siano un unico movimento eterno ove il cambiamento è una costante che si compie per tempo, a suo tempo ed in ogni tempo.
Scopriamo poi che il divenire perpetuandosi in ogni istante ed ogni cosa ne è partecipe, si rinnova seguendo la stessa medesima immutabile logica, dando principio in ogni istante ad una nuova creazione con miriadi di altre creazioni che si uniscono in un intento comune, che ha come base le stesse dinamiche di quelle che l’hanno preceduta, portandosi però appresso tutte le conseguenze precedenti che tentiamo costantemente di annullare.
Notiamo anche che la radice ebraica della parola Bereshit è la stessa della parola creare, e che esse siano estensioni l’una dell’altra, in quanto come sappiamo, il creare è una particella strutturale del moto eterno del divenire ed è anche vero che il creare attua il divenire ed è da esso attuato.
Per questo si dovrebbe leggere non in principio o volendo, più letteralmente nel principio, ma come detto precedentemente:
Il divenire creò le potenze
o meglio:
Il divenire nel momento in cui si attuò creò alcuni dei più potenti
Perché nell’atto del creare vi è anche la forza che deriva dal fare, che a sua volta deriva dalla decisione di dar atto a qualcosa e quindi al fatto di aver dato seguito alla sua stessa natura. Ciò da luogo ad una serie di conseguenze tali che la cosa creata diviene potente e ciò, tramite la sua capacità di valutazione si completa con giudizio, sapienza e dominio e di riflesso ne beneficia esso stesso.
Il creare, o in generale un atto, ha si inizialmente la necessità di trovare la forza e solo dopo aver trovato la forza di agire, l’attuazione è una questione di potenza.
Il divenire interferendo minimamente nella realtà è difficilmente percepibile. Parendo neutro, applica l’agire lasciando agire e delegando il compito di attuare il suo disegno si fa mezzo per trasportare ogni cosa attraverso ogni tempo, lasciando in ogni cosa la percezione della sua forza, l’immanenza della sua presenza operosa e la luce della sua sapienza.
Quindi il divenire, trovando in ogni momento che provare a proseguire la sua opera sia giusto, nel suo moto eterno, attua la creazione divenendo e facendo divenire ogni cosa sia nel mondo reale che nell’intimo di ognuno e di ogni cosa.
La potenza si completa quando in essa vi è anche sapienza e giustizia ed inoltre intuisce che un luogo ove operare è conforme al desiderio di chi l’ha generata.
In quanto Egli, come padre e padrone della forza e creatore di colui che opera la creazione stessa, trova che la compassione e la misericordia completino la sua opera e che la valutazione del bene, male, giusto e ingiusto nella sua opera di creazione, porti alla comprensione delle cose e trova che è necessario un luogo ove operare agevoli il divenire per stabilirvi la giustizia.
Difatti il principio creò Elohim il cui nome significa letteralmente “alcuni dei più potenti” ed è proprio tramite il nome stesso che ne comprendiamo l’essenza. Se infatti applichiamo la locuzione latina omen nomen, scopriamo che le caratteristiche delle cose o degli esseri si comprendono dal nome che gli è stato dato.
Nel tentativo di dare un senso, una direzione ed una stabilità alla società ed alla realtà comune, in maniera che le cose rivelate non siano troppo complesse e dissocianti ed altresì per rendere un pensiero condivisibile in maniera che il gregge ci si possa ritrovare e non si disperda in pensieri troppo estesi e valutazioni dissocianti l’uomo occidentale ha deciso di affermare che Dio sia una cosa sola, uno solo, anzi con la forma e le sembianze fisiche di uomo non sapendo nemmeno cosa si intende per uomo.
Dio essendo in ogni cosa ed il fatto che il divenire ha la capacità di trasmutarsi in ogni istante è molteplice e si rinnova in ogni istante ed essendo in ogni cosa ed in ogni percezione, per ognuno è cosa diversa, combatte lotte differenti ed ha un progetto differente.
Solo nel momento in cui ci si condivide un pensiero comune egli è Dio per tutti ma in tanti altri istanti e nei diversi destini Egli, sebbene conduca ad una certa comunanza egli è unico per ognuno pur restando lo stesso per tutti.
Infatti hanno associato El al nome di Dio e ciò era vero anche per gli antichi.
El è simile ad una preposizione tipo “il”, ed Hoà senza entrare troppo nei dettagli tecnico-semantici significa “essere”. Quindi diremo la creatura o la creatura che in seguito attua il resto della creazione è il frutto stesso della creazione. E’ il potere stesso, la conferma della volontà di creare ed è colui che porta la conferma del potere e della capacità di creare, esso è la testimonianza della conferma che è assegnata dopo la conferma dell’intuizione.
Gli Dei quindi sono tanti, lo testimonia anche La seconda Lettera ai Corinzi 8 6–5 dice che “Dio è il Padre, “per noi”, e Gesù è il Signore” a testimonianza del fatto che sono più Dei e questi titoli si posso attribuire in maniera arbitraria a chi sono effettivamente i più potenti in quel determinato istante.
Quindi a vederla come l’abbiamo vista ora, essi sono due Dei, ma in seguito, tramite ulteriori deduzioni e letture, i sapienti che hanno fondato il cattolicesimo e con esso la società, hanno detto che in Gesù vi è la trinità e tutti zitti. Ciò è quello che per costoro ci basta sapere ed infatti vi è una grandissima ignoranza su questi temi e tanto inutile odio nella società, dove chi è più forte comanda e chi si permette di pensare è messo all’angolo da regole sociali prepotenti e barbare, basate su quel pensiero ipocrita che impone ai poco eruditi l’ignoranza sulle cose divine, fintanto alla morte, per timore che essi possano comprendere le regole e così liberarsi dalla schiavitù che gli è imposta.
Difatti come testimoniano le prime tre parole dei testi biblici, senza la propria volontà di creare non può esistere ne Dio ne niente. Se si danno delle risposte preconfezionate non si stimola lo sviluppo di teorie ne di alcunché. Ne in se ne nel mondo che ci circonda.
Quindi dalle parole dei Testi Sacri deduciamo che ognuno ha il suo Dio, anzi di più, in ogni momento ognuno ne ha e ne adora uno differente, ma sembra che ci sia un unico vero Dio che i sapienti vogliono esaltare tramite gli scritti santi, ma questo è Dio per noi solo in un determinato momento e si riesce a rendergli un culto perfetto solo a determinate condizioni ed in determinati istanti come testimonia l’ingiustificata e cupa l’ignoranza che pervade questa grande sapienza.
Le risposte dei potenti, che desiderano dar completezza ad una teoria, servono a loro dire per porre un argine alle tante derive tossiche e distorte di cui non solo loro hanno paura, loro meno chi ha scritto i testi sacri e chi ha fede in ciò che ci ha tramandato e soprattutto nella verità.
Quindi è il divenire stesso a definire non tanto chi, ma cosa sia il più potente in ogni momento.
Il primo versetto della Genesi, dopo “Bereshit Barà Elohim” prosegue difatti con “et ha-sshamaim ve-et ha-’àretz”, che significa letteralmente ed i due cieli ed anche il luogo.
I cieli, come due stati della percezione ora, prima che siano tramutati in acqua da Dio stesso, non hanno l’argine del firmamento, o divisione o separazione che dir si voglia, o ancora quel limite che faccia mantenere l’equilibrio. Non sono opposti e la percezione è unica e concorde nel descrivere le cose così come sono. La realtà o la società stessa hanno una sola direzione che confonde il bene ed il male, accomuna ogni cosa, le idee non hanno un senso e tutto sembra una cosa sola, una strada maestra è data da una valutazione arbitraria del vantaggio di chi decide che essa sia la strada da seguire. Essi altro non sono che guide cieche e sebbene se ne percepisca la dualità, la divisione, ognuno si dà forza ad affermare che sia quella giusta.
Vi è una certa concordanza di vedute, soprattutto per il quieto vivere e per un senso di comunità che si perde appena si gira l’angolo e tutti gli stimoli vanno in una sola direzione, dettata dalla confusione e dal ignoranza comune.
Poi vi è la terra, il luogo metafisico ove e sul quale si opera.
Essa rappresenta ciò che in noi coltiviamo in noi e di noi, l’idea stessa, in quanto si opera su di un idea ed anche all’interno dell’idea stessa o anche nella nostra coscienza che è ciò che il nostro pensiero ed il nostro atteggiamento cerca di rendere il mondo un posto migliore senza riuscirci. Ovvero la terra è il luogo ove cerchiamo di costruire tutto ciò che vogliamo per dirci soddisfatti, ove scavare in noi stessi e nei nostri ricordi per risolvere il problema o i problemi e dove insistere per soddisfare i nostri bisogni. E’ la cosa sulla quale ragionare per ottenere qualcosa di valore.
E’ ciò che è presente e che troviamo utile per cercare di dare un senso al nostro cammino, alla nostra vita, a tutto ciò che abbiamo nel cuore.
La terra è infatti ciò che coltiviamo in noi e nel mondo attorno a noi, come le foglie per una pianta, o la pelliccia per gli animali, o la casa per gli uomini, o la propria sapienza, la propria intelligenza e le proprie attitudini e capacità. Ma possono anche essere le nostre amicizie, un sogno, la