Vegliare nei Testamenti: il significato spirituale della vigilanza | Come Capire
Cosa vuol dire Vegliare nei testamenti

Scritti


Cosa vuol dire Vegliare nei testamenti

Cosa vuol dire Vegliare nel Nuovo Testamento

Di: Simos

Data: 2025/05/24

quando si veglia non ci si sforza forse di stare svegli? Quando ci si sforza di stare svegli non ci si sforza forse di stare attenti e vigili nonostante il sonno per considerare le cose in maniera lucida e per riuscire a reagire e per non addormentarci? Così Egli ci impone di vegliare in varie occasioni:

Elenco dei passi in cui recita la parola "Vegliare" (non è da intendersi l'elenco completo)

Questo è proprio perché è quando preghiamo che dobbiamo aprire le orecchie e la mente per comprendere la parola che ci è ignota, quella che risiede ancora nelle tenebre di questa umanità, che dopo tanti millenni ancora viaggia cieca, non comprendendo alcunché della parola di Dio a parte la purezza che porta alla Sapienza.

Ma allora se preghiamo non è per ottenere giustizia? La giustizia non è forse nei primi passi del libro della Sapienza? Quindi amare la giustizia è ricercare la Sapienza! Allora preghiamo per ottenere Sapienza tramite l'amore per la giustizia!

La Sapienza non è istruzione?

Libro del Siracide 1

[24] Il timore del Signore è sapienza e istruzione, si compiace della fiducia e della mansuetudine.

...recita nel primo capitolo del Libro del Siracide!

Quindi aver timore è Sapienza oltre che istruzione.

Non di tutto bisogna aver timore però.

Non dice Dio ad Abramo di non temere?

Quindi se contrastare il male è servire il Signore e contrastare la menzogna, la malizia, la finzione, l'inganno, la malvagità per far la verità è cosa valutata a peso d'oro fino, bisogna temere di non dir menzogne e per non dir menzogne bisogna fare la verità.

Se non ci si istruisce a dovere si dicono menzogne e quindi il timore sta perché siamo ignoranti.

Egli dice infatti una parola "Osservanza" nel libro della Sapienza:

Sapienza 6

[18] l'amore è osservanza delle sue leggi;
il rispetto delle leggi è garanzia di immortalità

[19] e l'immortalità fa stare vicino a Dio.

[20] Dunque il desiderio della sapienza conduce al regno.

Ora cosa vuol dire osservare? Non vuol dire anche scrutare, cercare di comprendere ogni stimolo ed ogni essenza di una cosa, una persona, una parola, una frase, un libro, una qualsiasi cosa che si osserva anche con la mente.

E' un po' un indagare, poi riflettere e tirare le proprie conclusioni.

Osservare una lettera in un altro linguaggio, capirne forma e vocalizzazione, comprenderne gli accenti ed il perché di questi tratti particolari che la compongono.

Osservare vuol dire porre un intensa attenzione su qualcosa. Se si tratta quindi delle leggi di Dio, poniamo attenzione anche a quando le mettiamo in pratica e come, perché e dove.

QUesto a motivo che la parola di Dio è viva in noi e si applica ad ogni cosa e ad ogni momento che viviamo e se lo riconosciamo come parte della nostra vita è allora che egli ci rende la giustizia che cerchiamo e comprendiamo quindi la Sapienza e l'istruzione.

L'istruzione a motivo che non si studia tanto per sentire la soavità delle parole, ma per comprendere il concetto che ne deriva, il senso, altrimenti saremo persone "senza senso" o "poveri insensati", pecore senza un pastore, che credono in qualcosa che non è nemmeno vicino a noi.

Se una persona vicina non la percepiamo, essa non può aiutarci a rimetterci in piedi se cadiamo. Se invece ci tende la mano ecco che noi sentiamo ed abbiamo prova provata che egli o ella ci è amico o amica e abbiamo la conferma che quando ci chiedono chi ci ha aiutato noi possiamo ricordare quella persona in maniera nitida e presente.

Così la parola di Dio ha bisogno di essere vissuta e riprovata al fuoco del reale, perché noi possiamo aver la prova provata della Sua presenza e possiamo confermare con certezza come, quando, dove e perché Egli ha operato.

Questa è Sapienza ed Istruzione.

Non basta tante volte la sola purezza, essa è solo una delle tantissime cose che servono per raggiungere la comprensione.

Non solo purezza, ma esperienza, non solo esperienza ma abnegazione di se stessi, rifiuto del mondo e dei suoi piaceri nonostante siano disponibili, rifiuto dell'idea comune che nascondersi nelle tenebre della negazione e della menzogna per nascondere la propria ignoranza e così il proprio peccato, oltraggiando che vuole portare giustizia senza riuscirvi, così che non siano provati come indegni.

Anche Giacomo dice che dobbiamo anche mettere alla prova ciò che abbiamo appreso, in quanto come dice Giacomo 1

[23] Perché, se uno è uditore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che osserva la sua faccia naturale in uno specchio;

[24] e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com'era.

Chi è quindi l'esecutore? Quando facciamo un lavoro prima dobbiamo impararlo, per impararlo si sbaglia tanto. Non si dice forse che chi non sbaglia non impara, o anche che sbagliando si impara?? Allora come volete imparare la Sapienza senza applicarla in ogni angolo del nostro essere come pure in ogni angolo della nostra vita.

Forse Quoelet non è un sapiente, uno che l'ha ricercata in ogni dove e che ha fatto ogni cosa per ottenerla salvo poi capire che la vita è una ricerca infinita per riuscire ad ottenere vanità e che la più grande delle vanità è comprendere che infine tutto è vanità?

Non sa anch'egli che ha sbagliato tanto per ottenere tanto? Non che si debba sbagliare, anzi guardiamocene bene dal farlo, perché per chi sbaglia vi è una punizione commisurata allo sbaglio, anzi siamo puniti con le stesse cose con le quali sbagliamo dice il libro della Sapienza!

Quindi sbagliando si ottiene una punizione, ma la punizione, associata allo studio della disciplina e della ricerca di nobiltà, dignità, rispetto ed onore, fa comprendere anche per quale via riuscire a stabilire quella divisione, quella comprensione che ci rende consapevoli ed attenti a non perseverare negli sbagli, quelle regole e quelle verità, quei giudizi che ci permettono di vedere come in piena luce in ogni notte del nostro spirito, sia in noi stessi che nella realtà.

Certo, sarebbe perfetto poter non sbagliare ed avere lo stesso la conoscenza e la Sapienza! La capacità e la sicurezza della perfezione.

Ma non così è dato a tutti. Tanti sono perfetti, ma Dio vuol salvare tutti. E chi è che deve essere salvato se non coloro che hanno sbagliato?

Gesù non è venuto forse a salvare i peccatori?

E quindi se avesse la Sapienza dei perfetti senza istruirsi per conoscere la strada che porta alla redenzione dei peccatori, non sarebbe nemmeno lontanamente giudicato un vero Dio, ma un Sapiente, un perfetto, un uomo retto, un giusto e non avrebbe gustato nemmeno la morte.

Non è forse il peccato che porta alla morte? Allora perché il nostro Signore muore per noi? Per rimettere i peccati del mondo, perché tramite lui, tramite la sua morte sia resuscitata a vita ogni uomo.

Ma allora se il vero peccato, la madre nobile di ogni peccato è l'ignoranza, chi ha sapienza non ha peccato nonostante la pretesa spasmodica, violenta, ostinata e testarda di purezza che esige il mondo.

Allora vegliate per comprendere ciò che la parola di Dio vuole per voi ed in voi e cercate di riconoscerne le tracce nella vostra vita di tutti i giorni.

Vegliate e pregate dice appunto: ovvero state vigili mentre leggete ed allo stesso tempo seguite la giustizia, pregate per la remissione, cercate di aderire al Signore in ogni cosa, perché sappiate che Voi siete Dei! Quindi con la ferma convinzione, che poi è fede del poter portare redenzione come lui ha portato redenzione, fede di poter resuscitare dopo la croce che ci è stata applicata, ovvero che portiamo, quel giudizio di condanna che ci perseguita e ci inchioda ai nostri peccati ovunque andiamo.

Il pregiudizio di cui siamo stati fatti oggetto da coloro che praticano e predicano il male, in quanto nel pregiudizio non vi è alcuna verità se non un fatto passeggero come il battito d'ali di un uccello nell'aria o le tracce del passaggio di una nave in mezzo ai flutti, come recita la Sapienza.